Barbagallo, segni di natura

di Vitaliano Corbi

Da molti anni la pittura di Antonio Barbagallo sembra volersi proporre come un'assidua riflessione sul nostro rapporto con la natura. Davanti alle sue opere, allineate sulle pareti della galleria Spazio Arte, si ha una singolare sansazione di slittamento, come se lo sguardo fosse scivolato in basso, verso la superficie di un terreno di campagna, calpestato dai nostri piedi, e riscoprisse l'inaspettato spettacolo di mille piccoli segni di vita. Presenze appena percepibili, affioranti tra le ombre di una materia grumosa, attraversata da una fitta rete di solchi e di fenditure. Indizi, forse, di mutamenti profondi, di processi attivi nella segretezza di una dimensione sotterranea, che forse non riusciranno mai a venire interamente alla luce.

Le opere di Barbagallo, realizzate con impasti di grosso spessore in cui l'artista inserisce oggetti e reperti di vario genere, sono qualcosa di diverso dal tradizionale quadro dipinto. Il colore, mai delimitato dai confini della forma, si distende quasi sempre sull'intera superficie, procedendo con sottili variazioni di gamma che non interrompono la percezione della continuità della materia, capace di riassorbire nella propria ruvida e quasi tattile consistenza qualsiasi insorgenza di immagini virtuali.

Le opere di Barbagallo rinnovano, a distanza di parecchi decenni, la linea di quelle correnti dell'informale che piegarono i temi della ricerca esistenziale verso la riscoperta della natura, riaccostata con la consapevolezza della ineludibilità del nostro rapporto con una realtà - la natura, appunto - avvertita come luogo dell'origine e della fine, che include nel suo orizzonte ogni vicenda individuale.

Da "La Repubblica" del 2 dicembre 2001

 

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