Discutere degli uomini guardando le stelle
di Rosario Pinto
A conclusione della mostra di opere di Antonio Barbagallo in esposizione presso la galleria napoletana "MA-Movimento Aperto" in via Duomo, è stato programmato per l'8 febbraio un momento di dibattito per discutere non solo gli aspetti critici legati alle dinamiche creative dell'artista, ma soprattutto i risvolti epistemici che la sua opera disvela. Tutto ciò, giova sottolinearlo, risponde allo spirito del centro di "MA- Movimento Aperto"di essere un luogo entro il quale si possa "ancora" praticare la filosofia come occasione pragmatica di un sapere allargato e non come scienza rivolta alla delibazione del suo statuto.
Si parte dal titolo stesso della mostra: "Nomina nuda tenemus", ed il richiamo alla dimensione nominalistica non potrebbe essere più esplicito, intorno a tale titolo, che costituisce l'essenza del progetto creativo di Barbagallo, si anima una installazione articolata in tre momenti: una composizione di dieci lastre di ferro e cellulosa, ove si presentano i tracciati delle stelle con i loro codici; una seconda con dodici lastre con porzioni di cosmo e i codici ben visibili delle stelle: una terza con dodici lastre che richiama la caducità degli astri e la scomparsa del loro nome.
Appare evidente che tale proposta espositiva è serrata e coerente e ciò non costituisce oggetto di meraviglia per chi, conoscendo il percorso dell'"opera omnia" di Barbagallo, non può non riconoscervi l'abbrivio di convinto osservatore della natura e di attento e perspicace analista delle sue ragioni.
Non si ferma, tuttavia, il nostro artista a ciò che potrebbe essere definita la "facies", l'aspetto esterno delle cose, e la sua pratica creativa, di profonda conoscenza informale, va ad attingere un abbrivio logico che coinvolge il fruitore all'interno di percorsi che mirano ad integrare la pregnanza materica con l'essenza di pensiero in un processo profondamente interattivo lungo il percorso di ricerca di un ubi consistam che costruisca la base condivisa di un sapere comune.
Barbagallo non mira ad un allargamento ermeneutico ed il bisogno di approfondimento introduce, piuttosto, ad un coinvolgimento partecipativo, con la prospettiva di dare un senso ed uno spessore oggettivo a quei "nomina nuda" evocati nel titolo, secondo una processualità creativa - ci permettiamo di suggerire - che tenga conto anche di un altro importante principio della logica medioevale, poi assunto quasi a brocardo come base per una lettura fenomenologica dell'esistente, "nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu", che vorremmo ben giudicare alla base di ciò che Barbagallo fornisce come lettura cosmica e come momento di verifica delle nostre esperienze umane.
da "Il Roma" del 2 febbraio 2012